I caratteri da stampa
Nel ‘700 continua l’evoluzione parallela di modelli ormai classici. Nella Francia, che viveva il suo momento di maturità ed eccellenza di gusto, culminato nello stile neoclassico, si esercitarono nell’arte incisoria i Fournier e successivamente, i Didot. La lettera francese si presenta dotata di un’eleganza spontanea, più libera e sciolta di qualsiasi altra, e pertanto più funzionale e leggibile. Incisori e fonditori (che svolgono attività ormai separate) realizzano finalmente due tipi della medesima lettera, il tondo ed il corsivo (e sembra che il primo sia stato Philippe Grand-jean).
Nei Paesi Bassi il più ricercato era il Fleischman, di origine tedesca, ma trapiantato in Olanda. In Italia Bodoni disegna il suo carattere, fedele allo spirito neoclassico, anche se in esso i rapporti tendono più ad uno slancio verticale che non alla tipica rotondità romana.
Altre caratteristiche salienti sono: i chiaroscuri assai contrastati, e tuttavia temperati da passaggi ben dosati; la geometrica linearità del disegno; la larghezza costante nelle varie strutture delle lettere maiuscole e minuscole, sia nel tondo sia nel corsivo.
Ma il contributo più importante viene dall’Inghilterra, per merito di Caslon, Baskerville e quindi di Bell.
Si deve a quest’ultimo l’introduzione della “s” rotonda invece della tradizionale “s” lunga, che si confondeva facilmente con la lettera “f”. Il Caslon creò un alfabeto che affrancò l’Inghilterra dalla dipendenza di importazione di caratteri olandesi; il Baskerville la perfezionò e liberò la pagina dalla sovrabbondanza di decorazioni; il Bell creò il primo romano, tondo e corsivo, universale.
Da questo momento cessano le preminenze nazionali e inizia una evoluzione a carattere generale.