Di seguito l’esperimento fatto nel mese di settembre su Facebook attraverso la nostra pagina facebok Il tuo Libro. Abbiamo creato il primo racconto su Facebook realizzato da più scrittori che seguono la pagina che hanno contribuito attraverso dei contenuti.
INTRODUZIONE
PRIMA TRACCIA.(Mary Flora)
Quell’estate fu la più particolare della sua vita.
Non avrebbero dovuto sentirsi per più di un mese. Solo qualche volta se lui avesse avuto la possibilità di contattarla. Queste erano state le sue parole, nella loro ultima conversazione.
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<< Se posso ti chiamo, d'accordo?>>
<< Va bene, d'accordo>> aveva risposto, aggrappandosi a quell’unica opportunità di continuare a sentirlo.
Forse.
CAPITOLO I
L’ INCONTRO
Imma Provenzano
Forse, forse…era difficile per lei aggrapparsi a quella parola di cinque lettere, che le sgretolava qualsiasi certezza.
Sapeva già che sarebbe stata incollata al telefono, di notte e di giorno, da sola e in compagnia, sperando in un messaggio o in un piccolo, fugace scambio di parole rubate.
La sua mente sarebbe stata divisa, in ogni istante, tra il mondo che le scorreva intorno e il suono del suo cellulare, e, in ogni momento del suo quotidiano, avrebbe cercato una via di fuga per potersi eclissare, senza dare troppo nell’occhio, e rispondere ad un messaggio o ad una telefonata.
Si chiese, per un attimo, se fosse disposta a tutto questo.
Lidia Geraci
Lo aveva conosciuto qualche mese prima, durante un autunno che sapeva già d’inverno.
In quella strada, si sentivano le foglie secche calpestate dai loro soli passi. Si ritrovarono ad ascoltare gli stessi rumori,
a guardare le stesse nubi in lontananza.
Sorrisero contemporaneamente.
Lei affrettò il passo. S’incamminò verso viale Cavour, dove nel bar omonimo, avrebbe bevuto la solita cioccolata, che sapeva tanto di casa.
Prese posto aspettando il cameriere. Lo vide attraverso il vetro della bussola. Preferì non farsi notare. Scrisse un SMS sul suo cellulare.
Lui entrò e ordinò un caffè, che bevve in fretta. Mentre usciva la notò e il suo viso si distese, cancellando consueti fastidiosi pensieri.
Lei rimase ancora qualche minuto. Provò ad immaginare quanti anni potesse avere e che lavoro svolgesse.
Lesse la risposta al suo messaggio di prima e uscì.
L’università era proprio dietro l’angolo, la raggiunse e cercò il dipartimento dove, quella mattina, avrebbe iniziato a seguire una nuova disciplina.
Lidia Geraci
L’ accolse il solito vocio degli studenti. Notò qualche giovane in attesa di parlare con l’assistente di cattedra. mentre cercava l’aula di antropologia culturale. Ne vide la scritta sull’ultima porta, in fondo al corridoio, con il nome del docente dell’anno accademico in corso.
Prese posto nell’aula quasi piena. Era visibilmente nervosa.
Le novità le facevano un certo effetto : da una parte la impaurivano la impaurivano e al tempo stesso la incuriosivano. Le davano ansia e adrenalina contemporaneamente. Era questo uno dei suoi ultimi esami. Da lì a qualche mese
si sarebbe laureata. Pensandoci sorrise….la mamma, il babbo, sua sorella, la nonna, li vedeva così soddisfatti dei suoi successi.
con l’orgoglio negli occhi umidi.
Della nonna ne sentiva il respiro, quasi un sibilo dal petto gonfio, mentre s’affrettava per andarle incontro, alla fermata del pullman.
Li andava a trovare una volta al mese e la festa nell’incontrarsi era sempre come se non la vedessero da anni.
“Buongiorno” arrivò quella voce a distoglierla.
“Mi chiamo Paolo Toffo. Sono il vostro docente di antropologia culturale.” esordì guardando gli studenti, uno per uno.
Giunto in fondo, si soffermò su di lei, che continuava a osservarlo senza muovere ciglio. Era esterrefatta.
Non si aspettava di certo questo incontro e i suoi zigomi avevano assunto un colorito rosato che la rendevano tenera.
“Vorrei conoscere i vostri nomi. Capisco che non potrò mantenerli subito in mente, siete tanti, ma vi prometto che m’impegnerò”.
Rubò così qualche risatina tra i giovani che già ironizzavano sotto voce.
“Prego, iniziamo pure dall’ultima fila” li sollecitò.
“Sandra Petri” disse con tono orgoglioso, quando toccò a lei.
La lezione iniziò quando tutti ebbero finito di presentarsi.
L’argomento trattato fu interessante e coinvolgente. I ragazzi lo apprezzarono e, uscendo, dissero qualche parola lusinghiera anche per il prof. “Simpatico” “Preparato” ” e poi un “quant’ è giovane !!!” riferendosi al suo aspetto fisico.
Le immagini di quelle due ore si riproponeva come fotogrammi nella mente di Sandra. Rivedeva i suoi movimenti mentre spiegava : aveva svolto la lezione in piedi, compiendo qualche passo tra i banchi, muovendo le sue mani che s’alternavano da una completa apertura a una stretta chiusura, fino a congiungersi in preghiera.
Il tono della voce era basso, ben modulato e il suo viso aperto a tanti cordiali sorrisi, ma mai completamente disteso. Una leggera contrazione ne rilevava una sopita sofferenza, che non viene da un dolore momentaneo, né da un dolore fisico, qualcosa che vorremmo sotterrare, ma che riaffiora, prepotente, dall’anima.
Tamara Tammy Telloli
Questo ricordo le fece dimenticare per un attimo la realtà del momento.
Dopo aver riattaccato, sentì un pugno allo stomaco : la sensazione di averlo perso per sempre, senza capirne il perché. Cercò di attaccarsi all’unica speranza che aveva, cioè che f tutto questo era solo un sogno e presto si sarebbe svegliata e lo avrebbe ritrovato accanto a sé.
Purtroppo era sveglissima e se ne rese conto quando suonò il campanello di casa : era la sua migliore amica, a cui non diede nemmeno il tempo di salutarla, chè le buttò le braccia al collo e si lasciò andare in un pianto liberatorio.
Maria Sottile
Le ore le sembrarono eterne, come un condannato a morte che non sa se riceverà grazia di assoluzione oppure no.
Aspettava che lui la chiamasse, ma, al terzo giorno, ancora non si era fatto vivo.
Presa da una strana angoscia, con il cuore in tumulto, decise di uscire, nell’ assurda speranza di incontrarlo così per caso, come
quella mattina, in cui le vacanze estive li avevano portati a scegliere lo stesso luogo.
Il mare era calmo e si immerse in quella calda acqua, continuando a fantasticare, quando in lontananza, sulla spiaggia, una sagoma apparve : sembrava proprio lui, che agitando una mano, come a richiamare la sua attenzione, cercava di non far trapelare la sua bramosia di prenderla fra le braccia e baciarla.
Ecco che, finalmente, si sentiva a casa, fra quelle braccia che la stavano stringendo così tanto da sembrare un unico corpo.
Capitolo II
QUELL’ ESTATE IN SARDEGNA
Maria Verdone
Fu davvero particolare quell’estate: mesi prima lo avevano ipotizzato, e ci riuscirono, ad incontrarsi – e
per ben due volte – lontano da occhi indiscreti, sebbene il luogo – casa di lui – agli occhi di lei, fosse comunque a rischio.
Cinque minuti: un inizio impacciato, timidi abbracci, finché non si tempestarono di baci. Frenetici.
Lei era ansiosa: Immaginava l’irreparabile, l’entrata di chi poteva scoprirli. Il cuore le batteva a mille, ma le era difficile allontanarsi da lui.
Poi, però la paura prendeva il posto dell’incoscienza, e lei, ispezionando l’esterno e constatando la tranquillità di un pomeriggio torrido, andava via malvolentieri. Per due volte. Ci sarebbero stati altri attimi da rubare alla piatta realtà.
Il loro futuro era incerto: se fossero stati attenti, avrebbero finalmente vissuto quello che desideravano da sempre. Se invece li avessero scoperti ? Ma era meglio non pensarci. Avevano deciso di prendere al volo le occasioni.
Se ce ne fossero state. La prossima? Sentirsi al telefono, come sempre.
Maria Barbara Deidda
Lo squillo del telefono fisso (cosa ormai quasi rara) la fece sobbalzare dal bel divano blu. Il cuore batteva all’impazzata nel petto.
Sollevò la cornetta e rispose con un filo di voce tremante : un invito a fare di nuovo un viaggio in Sardegna.
Un servizio fotografico l’aspettava oltre Tirreno.
Acconsentì a malincuore. Troppi ricordi riaffiorarono nella mente. Come uno zombie, svuotata dentro, si accinse a farsi una doccia veloce e ghiacciata.
Aprì l’armadio e scegliendo abiti e intimo, buttò alla rinfusa nel trolley rosso fiamma. Per il viaggio optò per un completo rosa antico, e sotto la giacca un top di pizzo francese.
Tirò un lungo sospiro e spense le luci. Socchiuse le persiane scese in strada.
Una leggera brezza le sferzò il bel viso, senza ombra di trucco. Fermò un taxi e si fece portare all’aeroporto.
“Sardegna aspettami” e si inebriò di quei presunti profumi di mirto e ginepro.
Maria Barbara Deidda
Si trovò seduta su quell’aereo, di controvoglia, la carriera poteva aspettare ancora. Era giovane e c’era ancora tanto tempo davanti a lei.
L’aereo prese quota, si trovò in un attimo sopra quel mare azzurro. La sagoma della Sardegna sembrava un dipinto sull’acqua. I colori sfumavano dal viola della lavanda selvatica, al giallo delle ginestre, un tocco di rosso era dato da papaveri precoci.
Una Hostess la distolse dal suo incantesimo, con un sorriso smagliante le consegnò un biglietto arrotolato a mo’ di pergamena.
Prese con cautela quel foglio, lo srotolò e lesse solo
due parole :Ti amo.
Nonostante fosse seduta, sentì le gambe perdere forza e il cuore scoppiare dentro al petto.
Prese lo specchietto dalla borsetta e fece il gesto di aggiustarsi il fard: la figura del suo bel viso si materializzò all’interno del minuscolo vetro.
L’Aereo sorvolò a bassa quota la splendida città di Cagliari
per poi atterrare dolcemente sulla pista.
Si alzò dalla poltroncina, si sistemò i capelli corvini e si trovò faccia a faccia con Paolo. I loro sguardi si fusero in un lungo inseguirsi, quasi quasi percepissero ognuno I battiti dell’altro. Presero di nuovo coscienza di ciò che li circondava.
Scesero dall’aereo e incuranti della folla, si avvinghiarono l’uno all’altro. In quel momento tutto il resto passò in seconda linea. Ora c’erano solo loro due. Un cielo stellato e il profumo di salsedine con misto di mirto.
Si stava proprio nascendo un amore.
Giuseppina GarofAno
I pensieri erano come i movimenti di quelle onde che i suoi occhi guardavano dal balcone della sua camera, andavano e ritornavano, portando con se ricordi bellissimi di loro due su quella spiaggia. Nel suo cuore riaffioravano le stesse emozioni di quegli attimi ma anche la paura di non poterle rivivere.
Diega Cappello
Intanto, pensò lei, erano già passati due mesi da quel bellissimo viaggio in Sardegna. Lei ci era ritornata ben altre due volte nel frattempo, sempre per lavoro. Doveva sfruttare la stagione favorevole per le riprese che erano destinate ad essere immortalate nel libro di cui il progetto ne facevano parte.
Ma la permanenza, quelle altre due volte, non fu mai più la stessa come quella vissuta la prima volta,
La brezza marina la riportò alla realtà e vide il porto avvicinarsi sempre di più. – Ed eccoci, stiamo quasi arrivando. Tra un’oretta sarò di nuovo a casa – pensò. Ormai si sentiva sempre più vuota, sempre più inutile. Nulla riusciva a distrarla minimamente. Nemmeno la sua passione per la fotografia. Ormai erano dodici giorni che non sentiva la sua voce calda e viva. Dodici giorni nei quali, tra lotte con sé stessa e cedimenti aveva comunque provato e anche insistito a chiamarlo…
Ma non era riuscita mai a risentire la sua voce. Era come sparito nel nulla. Perché aveva deciso di troncare in questo modo? Perché non parlare apertamente, come loro facevano durante le interminabili conversazioni al telefono? Non riusciva a trovare pace. Non voleva accettarlo.
Il taxi si fermò e lei scese tirandosi dietro il trolley e lo zaino. Chiuse lo sportello e la macchina sfrecciò per raggiungere già la prossima destinazione. Alzando lo sguardo si sentì mancare il terreno sotto ai piedi. Davanti al suo portone riconobbe gli occhi, lo sguardo che tempo fa l’aveva catturata, incantata. Era lui che la stava aspettando.
Capitolo III
IL PROFESSORE
Gabriele Tagliani
Mentre lui riattaccava la cornetta, fu preso a ripensare alla sera che, per una fortuita coincidenza, si era ritrovato a casa del suo miglior amico, invitato ad una cena formale : c’erano colleghi e conoscenti nell’ambito lavorativo del padrone di casa, Giorgio, grande amico di infanzia di Paolo, le cui vite avevano preso sentieri diversi, ma la stima e l’affetto immutati, da sempre filo conduttore delle loro immutata amicizia.
La casa era piena di occhi, che svuotavano la mente da ogni pensiero, come se le energie svanissero in un limbo, mute.
In questa serrata di strette di mano di presentazione e di dovuti convenevoli, ecco che due occhi, tenui, tirati da un cenno di un sorriso di cortesia, fissi sull’interlocutore, di turno, si girarono come persi nel vuoto, finché lentamente, mettendosi a fuoco piano piano, si unirono ai suoi, in una frazione di secondo.
Fu tale quel momento di smarrimento che Paolo si sentì privo di reazione, inebetito, occhi così genuini, freschi, colorati di un verde intenso come il mare della Sardegna.
Pura emozione fino ad anestetizzare tutti i suoi pensieri, e i problemi di tutti i giorni.
Un lieve contatto tra i due, dovuto ad un passaggio di ospiti frettolosi, diede inizio così una conversazione in quella stanza piena di voci di relax serale e mentre qualche invitato piano, piano, abbandonava la serata, protrattasi oltre orario, Paolo e la ragazza dagli occhi magnetici erano presi a scambiarsi informazioni di generalità, lavoro , interessi vari.
La serata si concluse con i saluti e un appuntamento proposto da Paolo, per un immancabile caffè per proseguire la loro conoscenza, che Sandra accettò volentieri.
Raffaella Iannece Bonora
Dopo il sesso sensazionale, dopo le promesse, dopo le belle parole, dopo che avevano superato, sempre insieme, ogni ostacolo, ora rimaneva, come diceva lui, “un’ultima cosa da fare” ed era scomparso, di nuovo, questa volta aveva giurato sarebbero state poche settimane. Inizialmente la tristezza l’aveva incatenata in casa, accanto a un telefono che non si decideva a squillare, poi era subentrata la frustrazione, infine la rabbia.
La rabbia l’aveva fatta alzare dalla poltrona, calco del suo corpo, la rabbia l’aveva spinta a vestirsi carina, uscire, divertirsi, del resto quelle erano anche le SUE vacanze. Lui aveva giurato che avrebbe parlato con sua moglie il prima possibile e, firmate le carte, sarebbe rientrato in città ma, nel frattempo, meglio mantenere un profilo basso e non sentirsi…lei, ingenuamente, gli aveva creduto.
Lei aveva mantenuto i patti, mai una telefonata, mai un messaggio per non rompere il “delicato equilibrio familiare”. Lui no.
Durante le prime settimane non aveva avuto dubbi ma adesso iniziava a pensare che si fosso trattato solo di una scappatella, che la storia di sua moglie che avrebbe potuto rovinarlo e portargli via tutto, specialmente i figli, il bene più prezioso, fosse stata solo una storiella ben montata per lasciarla senza rischiare scandali. E lei ci aveva creduto. Lei ci aveva messo il cuore. Lei si era innamorata.
Quella mattina indossò il suo vestito a fiori, gli occhiali scuri, qualche goccia di profumo e uscì, aveva voglia di un fragrante cornetto e, su questo, nessuno batteva l’Orchidea Bar.
Entrò con un bel sorriso stampato in faccia, scambiò qualche convenevole con Harry, il proprietario, ordinò il solito e poi si accomodò al solito tavolo, di fronte al televisore.
Lei in casa non aveva una tv, per scelta, aveva solo una radio che ascoltava di rado, tanti dischi consumati e montagne di libri.
A volte andava in caffetteria anche per questo, per guardare il notiziario e tenersi informata su cosa accadesse nel resto del mondo, che poi in realtà era la scusa che tutti usavano per mettere la testa sotto la sabbia e non affrontare i propri problemi, chiacchierando della fame e della guerra senza poter, o voler, far nulla per cambiare realmente le cose.
“Siamo un popolo di egoisti e vigliacchi” pensò, mentre il Telegiornale passava alla cronaca.
“Riconosciuto il corpo ritrovato in spiaggia 2 settimane fa…” gracchiò la voce del cronista, Sandra drizzò le orecchie, quella spiaggia…
“…omicidio…il responsabile non è ancora stato trovato…” continuò…
“L’arma del delitto sembra essere …”
“…la famiglia si è chiusa in un invalicabile silenzio…”
“…sembra che il conosciuto professore universitario volesse divorziare da sua moglie…voce però non ancora confermata…”
Il cappuccino precipitò a terra seguito dal cornetto e da tutto il mondo di Sandra.
Eliana Lo Faro
Improvvisamente Sandra si rese conto che quella non poteva più essere la sua vita…si sentiva come in balìa delle onde…il desiderio di essere sua era prorompente, voleva ancora sentire le sue calde labbra che segnavano i confini del suo corpo.
Le sue parole le rimbombavano in testa…
” Non aver paura di nulla…io ti proteggerò”
Lei lo avrebbe voluto tutto per sé, ma sapeva di non poterlo avere.
Paolo era andato via ma non le aveva detto arrivederci e lei non aveva avuto il coraggio di chiedere ” quando… “.
Già sentiva un senso di vuoto penetrarla sino a farla stare male…Non poteva rinunciare a lui…e con questo pensiero si sdraiò su quel letto, che ancora di lui conservava l’odore di pelle e tabacco, e si lasciò cullare dal sonno, che pian piano la prese.
Fine